La battaglia nella piana di Catania
Un mezzo britannico si dirige sul ponte di Primosole dopo la conquista da parte alleata
Dopo la caduta di Augusta, tuttavia, l'avanzata dell'8ª Armata fu penosamente lenta, per diversi motivi: la strada che attraversava la piana di Catania si snodava in un territorio favorevole ai difensori e l'imponente rilievo dell'Etna permetteva agli italo-tedeschi di controllare tutti i movimenti dei britannici; inoltre, seppur molti aeroporti fossero già occupati dalla RAF, la Luftwaffe rappresentò per gli Alleati un pericolo ben maggiore di quanto non fosse la RAF per i nemici. Infine, il grosso delle difese tedesche si concentrò contro l'8ª Armata di Montgomery perché la piana di Catania rappresentava la via più breve per Messina: a tal proposito Guzzoni, von Senger e Kesselring avevano concordato un ripiegamento lento verso la posizione difensiva ancorata all'Etna, nota come "linea di San Fratello", con l'obiettivo di rallentare l'avanzata alleata e consentire l'evacuazione in forze verso le coste della Calabria[136].
Per prendere Catania era necessario occupare il ponte di Primosole sul fiume Simeto, un passaggio molto importante per avanzare verso la piana di Catania. Montgomery mise in atto l'operazione Fustain, condotta dalla 1ª Brigata paracadutista della 1ª Divisione aviotrasportata britannica, al comando del brigadier generale Gerald Lathbury, che avrebbe dovuto occupare il ponte e consentire il passaggio della 50ª Divisione. Nel pomeriggio del 13 luglio i paracadutisti partirono da Qayrawan, ma i "Diavoli rossi" non erano a conoscenza del fatto che ventiquattr'ore prima circa 1400 uomini del 1º Reggimento della 1ª Divisione paracadutisti tedesca erano partiti dalla loro base di Avignone per raggiungere una zona di lancio che distava all'incirca trecento metri da quella scelta dai britannici, e altri rinforzi tedeschi erano in arrivo per l'indomani[137].
Nella tarda sera del 13 luglio i Dakota giunsero in vista della Sicilia, ma prima furono accolti dalla contraerea delle navi alleate al largo di Malta, che non erano state avvertite, e quindi dal fuoco di contraerea tedesco. Molti aerei furono abbattuti, altri tornarono indietro con l'intero carico, mentre altri si dispersero, tanto che i paracadutisti e gli alianti atterrarono in una zona molto vasta, fino a trenta chilometri dall'obiettivo; meno di 200 uomini e tre cannoni anticarro giunsero sul ponte. Nonostante un'efficace resistenza, i paracadutisti britannici non poterono contrastare l'azione dei Fallschirmjäger e dei loro pezzi da 88 mm e, nel pomeriggio, dovettero ripiegare, lasciando il ponte in mano tedesca. I rinforzi britannici della 50ª Divisione furono rallentati dall'azione di retroguardia della "Hermann Göring" e quando finalmente giunsero, dopo una marcia di 32 chilometri con un caldo asfissiante, erano troppo spossati per attaccare e dovettero attendere l'arrivo dei carri Sherman del 44º Reggimento corazzato, coadiuvato dai calibri dell'incrociatore Newfoundland lungo la costa. Ci vollero comunque tre tentativi e quarantotto ore di combattimenti per sloggiare i difensori dal ponte di Primosole, con circa 500 perdite[138].
Superato il ponte e raggiunta la piana di Catania, la città eponima distava ora circa dieci chilometri e con i suoi aeroporti e il suo porto era ora l'obiettivo indispensabile per i rifornimenti di Montgomery. Ma gli attacchi della 5ª e della 50ª Divisione verso Catania (il cui porto, denominato E, era affidato al comando del gen. b. della riserva Azzo Passalacqua) furono sventati dai paracadutisti tedeschi e dagli uomini della "Hermann Göring" sistemati in posizione difensiva, favoriti dalle postazioni d'osservazione sopraelevate dell'Etna. Dopo una settimana di combattimenti arrivò dal Nordafrica la 78ª Divisione di fanteria britannica "Battleaxe" tenuta fino ad allora in riserva, che raggiunse il XXX Corpo di Leese: ora l'8ª Armata contava cinque divisioni e gruppi di brigata contro quattro divisioni tedesche e gli italiani ancora disposti a combattere[125]. Assunto il 15 luglio il comando delle forze dell'Asse in Sicilia, il generale Hube, in linea con le direttive dello stesso Hitler, diede disposizioni affinché si mettessero in salvo le truppe tedesche creando una linea difensiva con l'Etna e le Madonie come bastioni naturali e Catania e Cefalù come vertici di un triangolo difensivo che culminava a Messina.
La mattina del 18 luglio Montgomery ammise che il grande balzo in avanti lungo la costa si era trasformato in uno stallo. L'8ª Armata aveva registrato 700 morti e 3 000 feriti e il generale inglese decise di ritentare una manovra d'aggiramento spostando a occidente il XII Corpo d'armata, frazionando ulteriormente le proprie forze[139]. La 7ª Armata di Patton iniziava intanto la sua cavalcata verso Palermo, che si sarebbe conclusa il 22 luglio, data in cui Montgomery stava ancora combattendo per entrare a Catania; ciò comportò un cambiamento nei rapporti di forza tra le due armate: la 7ª Armata, le cui azioni erano prima subordinate alle forze britanniche, godeva ora di una posizione paritaria[140]. Solo il 5 agosto Montgomery entrò a Catania dopo che la "Hermann Göring" fu autorizzata da Kesselring a lasciare la città, ma non senza aver dovuto sostenere accaniti combattimenti come durante la presa di Centuripe. I tedeschi abbandonarono la linea dell'Etna e si attestarono in posizioni più arretrate, formate soprattutto da numerosi bastioni difensivi disposti lungo tutta la penisola di Messina, iniziando nel frattempo le operazioni di evacuazione dell'isola.
Avanzata statunitense su Palermo
Il generale Patton, aggressivo e determinato, aveva raggiunto tutti gli obiettivi iniziali previsti dal piano di operazioni alleato: il 14 luglio il 180º Reggimento della 45ª Divisione conquistò l'aeroporto di Biscari, macchiandosi però di un grave crimine di guerra quando in due situazioni distinte alcuni uomini del 1º Battaglione del reggimento uccisero a sangue freddo diverse decine di prigionieri, in maggioranza italiani, in quello che viene ricordato oggi come il massacro di Biscari[142]. Il 16 luglio la fanteria americana e i ranger del colonnello William Darby conquistarono anche Agrigento e Porto Empedocle, catturando circa 6.000 prigionieri italiani[143]. Molto irritato per il compito secondario affidatogli dal generale Alexander, Patton era deciso ad assumere un ruolo molto più attivo: il generale riteneva possibile marciare subito con la sua fanteria attraverso le montagne della Sicilia centrale e poi lanciare i mezzi meccanizzati della 2ª Divisione corazzata in un'audace avanzata direttamente su Palermo[144]. Patton illustrò il piano al generale Truscott, comandante della 3ª Divisione fanteria, e quindi lo propose al generale Alexander, che tuttavia il 16 luglio confermò gli ordini: la 7ª Armata doveva rimanere ferma per proteggere il fianco sinistro di Montgomery impegnato nella battaglia nella piana di Catania. Durante un incontro diretto con Alexander a Tunisi il 17 luglio, il generale Patton fece forti pressioni, ma non riuscì a ottenere il suo consenso all'avanzata su Palermo.
Il generale Alexander tuttavia comprendeva che un'avanzata americana verso Enna sarebbe stata tatticamente utile, avrebbe alleggerito la pressione nemica su Montgomery, isolato la parte occidentale della Sicilia e, con la conquista di Palermo, reso disponibile un grande porto per migliorare il sostegno logistico alle sue truppe; egli ritenne anche che fosse preferibile concedere libertà d'azione al brusco generale americano e quindi finì per autorizzare un'avanzata della 7ª Armata al centro dell'isola[146]. In realtà il generale Patton fece avanzare il II corpo d'armata del generale Bradley con due divisioni, 45ª e 1ª Divisione fanteria, in direzione di Enna come auspicato da Alexander, ma soprattutto costituì un raggruppamento provvisorio al comando del generale Geoffrey Keyes, formato dalla 3ª Divisione fanteria e dalla 2ª Divisione corazzata, che spinse direttamente verso Palermo; Patton mirava soprattutto ad ottenere un grande successo propagandistico per ambizione personale e per rivalità con Montgomery[147]. Il generale Keyes diede inizio alla marcia su Palermo il 19 luglio; l'avanzata fu guidata dall'ottima 3ª Divisione di fanteria, bene addestrata a marciare rapidamente
Le truppe americane non incontrarono molta resistenza e avanzarono rapidamente, nonostante le difficoltà del terreno arido e montuoso; i reparti italiani erano in disgregazione e in gran parte si arresero: in settantadue ore la fanteria percorse circa 150 chilometri. Dopo aver occupato Corleone, fin dalla mattina del 22 luglio 1943 le avanguardie della 3ª Divisione di fanteria raggiunsero la periferia di Palermo, che appariva praticamente indifesa, a parte alcune demolizioni in corso nell'area del porto[149]; alcune ore più tardi arrivarono anche i reparti meccanizzati della 2ª Divisione corazzata. Le difese italiane erano affidate al generale Giuseppe Molinero, che tuttavia non era intenzionato a tenere la città: la popolazione appariva favorevole agli Alleati e una delegazione di autorità locali si recò al comando dei reparti americani d'avanguardia per trattare la resa.
Nella giornata del 22 luglio alcune unità della 3ª Divisione fanteria e i carri armati del Combat Command A della 2ª Divisione corazzata del generale Gaffey entrarono a Palermo praticamente senza trovare opposizione; in mezzo alla popolazione festante, i mezzi corazzati americani presero rapidamente il controllo della situazione: il generale Molinero fu catturato e portato alla presenza del generale Keyes, che accettò la resa e poco dopo entrò in città insieme al generale italiano e si recò alle ore 19:00 nel Palazzo reale di Palermo[151]. Il giorno dopo anche il generale Patton arrivò in città e ricevette una calorosa accoglienza dai prigionieri e dai civili italiani; i palermitani accolsero con grande soddisfazione l'arrivo degli americani[152]. Il 24 luglio il generale Patton ritornò ad Agrigento e durante una conferenza stampa tracciò un bilancio trionfale della sua avanzata: oltre 6 000 soldati italiani erano stati uccisi o feriti e 44 000 erano prigionieri, 67 cannoni erano caduti in mano alle sue truppe[153]. L'avanzata americana diede grande fama al generale Patton, e anche il generale Keyes ricevette riconoscimenti per la sua azione di comando; durante l'avanzata su Palermo le truppe statunitensi dimostrarono notevole addestramento e capacità nell'azione combinata di fanteria e mezzi corazzati.
Fonte: Wikipedia e foto dal sito: www.antoniorandazzo.it
La "corsa su Messina" e l'evacuazione tedesca
Ancor prima della ritirata da Troina della 15. Panzergrenadier-Division e da San Fratello della 29. Panzergrenadier-Division, anche le linee dell'Asse a sud di Catania avevano dovuto cedere terreno di fronte alla crescente e continua pressione delle truppe britanniche del generale Montgomery. Il 4 agosto i paracadutisti del generale Heidrich e il Kampfgruppe Schmalz rinunciarono a difendere ulteriormente il settore di Primosole e abbandonarono Catania, mentre il 6 agosto altri reparti della Panzer-Division "Hermann Göring" evacuarono la città di Adrano
Lentamente ma inesorabilmente le due armate alleate iniziarono ad avanzare verso Messina, con una "corsa" tra i due generali per entrare per primi in città. L'ala destra di Montgomery, che era rimasta immobilizzata per più di due settimane nei combattimenti verso Catania, marciò lungo la statale 114, seppur in modo incostante; nel contempo l'ala destra di Patton avanzò lungo la statale 120 dell'Etna con in testa la 9ª Divisione di fanteria, che aveva sostituito una esausta 1ª Divisione[N 8], e lungo la costa sulla statale 113 con la 3ª Divisione. Più le armate si inoltravano nell'imbuto della penisola messinese, più il fronte si restringeva, consentendo ai tedeschi di impiegare sempre meno truppe a protezione della ritirata. Gli alleati, dal canto loro, per rallentare i tedeschi impiegarono massicciamente l'aviazione con lo scopo di radere al suolo i centri abitati lungo la via di ritirata: operazione che non diede risultati dal punto di vista militare, dato che il ripiegamento nemico non fu impedito, ma che provocò la morte di migliaia di civili e intralciò la stessa avanzata degli Alleati[166].
Il 10 agosto Patton, deciso a sfruttare il dominio alleato del mare, concordò con Bradley di effettuare uno sbarco anfibio venti chilometri dietro le linee tedesche, sulla costa antistante Brolo, con l'obiettivo di conquistare monte Cipolla che avrebbe permesso di controllare la statale e tagliare il ripiegamento della 29ª Divisione Panzergrenadier, consentendo alla 3ª Divisione di Truscott una rapida via per Messina, distante soli 60 chilometri. L'azione, frettolosa, mal organizzata e con un numero insufficiente di uomini, ebbe inizio all'una di notte del giorno successivo, con l'impiego dei soldati del 2º Battaglione della 3ª Divisione al comando del tenente colonnello Lyle Bernard: dopo quasi due giorni di furiosi e inutili combattimenti, che costarono al battaglione 177 vittime, all'alba del 12 una sentinella constatò che i tedeschi si erano ritirati a capo Calavà, dove nelle ore successive fecero saltare cinquanta metri di strada litoranea, rallentando ulteriormente l'avanzata di Patton[167][N 9].
La ritirata combattuta da parte delle truppe dell'Asse ebbe inizio fin dal 3 agosto, anche se l'ordine di prepararsi a evacuare l'isola era arrivato da Berlino già il 26 luglio e, per evitare di allertare gli italiani, consegnato a mano allo stesso Kesselring a Frascati: il giorno prima Mussolini era stato deposto e Hitler temeva che il governo di Badoglio prendesse a pretesto l'abbandono della Sicilia per denunciare l'alleanza. La difesa dello Stretto fu affidata all'eccentrico colonnello Ernst-Günther Baade, il quale il 10 agosto completò la sua opera che prevedeva 500 bocche da fuoco dislocate su entrambe le sponde, a difesa dei dieci approdi ben mimetizzati e allestiti per ospitare la flotta di chiatte e barche a motore coordinata dal capitano di vascello Gustav Freiherr von Liebenstein, che avrebbe condotto uomini e materiali in Calabria[168]. I comandi italiani ebbero subito il sentore del piano di evacuazione e dal 3 agosto cominciarono anch'essi a ritirarsi con discrezione. Alle ore 18:00 di mercoledì 11 agosto, proprio mentre si combatteva a Brolo, Kesselring diede il via all'operazione Lehrgang; la prima divisione a lasciare l'isola fu la "Hermann Göring"[169].
Fonte: Wikipedia e foto dal sito: www.antoniorandazzo.it
La ritirata italo-tedesca
L'esercito tedesco attuò con successo la ritirata attraverso tre linee difensive, sfruttando il restringimento del territorio siciliano a mano a mano che ci si avvicina a Messina[170]. Gli uomini di Hube sabotarono tutti i veicoli prima di abbandonarli ed enormi roghi bruciarono tutto ciò di cui si poteva fare a meno. Kesselring calcolò che sarebbero occorse cinque notti per evacuare tutte le truppe, ed effettivamente il 17 agosto le operazioni di evacuazione dell'isola poterono dirsi concluse con successo, senza che gli Alleati fossero riusciti a preparare un piano coordinato per bloccare lo Stretto[169]. La Sicilia fu quindi velocemente abbandonata dai tedeschi; in queste zone si registrarono i primi eccidi contro la popolazione italiana che successivamente caratterizzeranno la ritirata della Wehrmacht in tutta Italia. A Castiglione di Sicilia il 12 agosto i tedeschi assassinarono 16 persone, rastrellandone altre 150; questo eccidio avvenne prima dell'8 settembre e tale elemento conferma come i massacri nazisti rientrassero in una precisa strategia di terrore preventiva contro la popolazione civile che si registrerà poi nel resto della penisola, tesa a scoraggiare qualsiasi tentativo di ribellione anche in assenza di atti contro le forze d'occupazione.
Lo stesso giorno gli Alleati concordarono per il 9 settembre l'inizio di "Avalanche", ossia l'invasione dell'Italia continentale, e in Sicilia Patton entrò trionfalmente a Messina: la città fu conquistata dalla 3ª Divisione di Truscott, che precedette nella corsa verso la città il generale Montgomery. La distanza tra Palermo e Messina lungo la costa è approssimativamente la stessa distanza che c'è fra Gela e Palermo, ma mentre la 7ª Armata impiegò tre giorni per coprire quest'ultima distanza, ne impiegò diciassette per raggiungere Messina, a riprova della grande efficacia dei tedeschi nelle loro azioni di retroguardia a protezione della ritirata.