L'annuncio dell'armistizio da parte degli alleati colse del tutto impreparate e lasciò quasi prive di direttive le forze armate italiane che si trovavano impegnate in compiti di occupazione all'estero, e quelle addette alla protezione del territorio metropolitano: non vi erano ordini né piani, né ve ne sarebbero stati nei giorni a seguire.
Il mattino successivo, di fronte alle prime notizie di un'avanzata di truppe tedesche dalla costa tirrenica verso Roma, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore fuggirono da Roma dirigendosi verso il Sud Italia per mettersi in salvo dal pericolo di una cattura da parte tedesca. La fuga si arrestò a Brindisi che divenne per qualche mese la sede degli enti istituzionali. Il progetto iniziale era stato quello di trasferire con il re anche gli stati maggiori al completo delle tre forze armate, ma solo pochi ufficiali raggiunsero Brindisi.
Tristemente noto è l'episodio dell'imbarco nel porto di Ortona: poiché non c'era posto per tutti i componenti del numeroso seguito, molti di loro, pur essendo alti ufficiali delle Forze Armate, si gettarono inutilmente all'assalto della piccola corvetta Baionetta, e una volta respinti a terra, colti dal panico, vestirono abiti borghesi e, abbandonando bagagli e uniformi per terra nel porto, si diedero alla macchia[14].
Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e venne mandata nei campi di internamento in Germania, mentre il resto andava allo sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi ultimi, chi per motivi ideologici o per opportunità si diede alla macchia andò a costituire i primi nuclei del movimento partigiano della resistenza italiana.
Cassibile (Siracusa), 3 settembre 1943. Dopo la firma dell'armistizio fra l'Italia e le potenze alleate, posano per una foto nell'oliveto presso la tenda dove si è svolta la cerimonia. Da sinistra, il brigadiere generale inglese Kenneth Strong, il generale italiano Giuseppe Castellano, il generale statunitense Walter Bedell Smith (futuro direttore della CIA) e il diplomatico Franco Montanari, che aveva svolto le funzioni di traduttore e interprete per Castellano.
Nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e su fronti esteri da parte del regio esercito italiano (tra i più celebri si ricordano quelli che si conclusero con l'eccidio di Cefalonia e con l'eccidio di Coo, avvenuto dopo la battaglia di Coo), quasi tutta la penisola cadde sotto la pronta occupazione tedesca e l'esercito venne disarmato, mentre l'intera impalcatura dello Stato cadde in sfacelo. Le Forze Armate italiane riuscirono a sconfiggere e mettere in fuga il nemico tedesco solo a Bari, grazie al deciso e fermo atteggiamento del generale Nicola Bellomo, in Sardegna e in Corsica (che era stata occupata dall'Italia). A Napoli, invece, fu la popolazione a mettere in fuga le truppe nazifasciste dopo una battaglia durata quattro giorni (episodio che sarebbe poi passato alla storia come le cosiddette quattro giornate di Napoli). Una questione a parte si originò circa la mancata difesa di Roma, che poté essere espugnata dai tedeschi malgrado la ferma opposizione fra gli altri reparti militari italiani, di alcuni reggimenti dell'Arma di Cavalleria del Regio Esercito come "Genova Cavalleria" (4°) "Lancieri di Montebello" (8°), "Lancieri di Vittorio Emanuele II°" (10°), questi ultimi due montati anche su semoventi da 75/18 su scafo M42.
La Regia Marina, che era ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, dovette consegnarsi nelle mani degli Alleati a Malta come prescritto nelle condizioni di armistizio. Successivamente, dopo la consegna, le navi maggiori furono internate nei Laghi Amari mentre il naviglio minore si unì alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. In seguito buona parte della flotta, in ottemperanza del trattato di Parigi del 1947, venne ceduta alle potenze vincitrici o demolita.
La sera dell'8 settembre, quando il ministro della Marina De Courten annunciò alle basi di La Spezia e di Taranto l'armistizio e l'ordine del re di salpare con tutte le navi per Malta, tra gli equipaggi si rischiò la rivolta e in quelle concitate ore c'era chi proponeva di lanciarsi in un ultimo disperato combattimento, chi di autoaffondarsi. Il contrammiraglio Giovanni Galati, comandante del gruppo di incrociatori leggeri Luigi Cadorna, Pompeo Magno e Scipione Africano, rifiutò la resa e dichiarò che non avrebbe mai consegnato le navi ai britannici a Malta, mostrando l'intenzione di salpare per il Nord, o per cercare un'ultima battaglia, o per autoaffondare le navi. L'ammiraglio Brivonesi, suo superiore, dopo aver tentato invano di convincerlo a obbediire agli ordini del Re, al quale aveva prestato giuramento, lo fece mettere agli arresti in fortezza[15], insieme con Galati furono sbarcati il capitano di vascello Baslini e il tenente di vascello Adorni, che si erano rifiutati di consegnare agli alleati le navi al loro comando.[16]
De Courten nel pomeriggio telefonò a La Spezia all'ammiraglio Bergamini, ammettendo che l'armistizio era ormai imminente[17]; dovendo però andare al Quirinale, lasciò al suo vice, ammiraglio Sansonetti, ex compagno di corso di Bergamini, il compito di convincerlo. Bergamini, con riluttanza, accettò formalmente gli ordini lasciando gli ormeggi, ma De Courten nascose la clausola del disarmo che pure era tra le condizioni dell'armistizio così come alcune clausole del Promemoria Dick,[18] allegato all'armistizio.
Tale documento prevedeva, fra l'altro, di innalzare un pennello nero o blu scuro sull'albero di maestra e di porre in coperta grandi dischi neri[17]; questi segnali saranno innalzati dall'ammiraglio Oliva solo alle ore 7 del 10 settembre dopo comunicazione della Supermarina,[17] mentre Bergamini innalzò il gran pavese navigando verso Malta, la sua navigazione si concluse il pomeriggio del giorno seguente, quando la Roma venne sventrata da una bomba teleguidata Fritz-X lanciata da un Dornier Do 217 tedesco.
La "Pietra della pace" - Cassibile (Siracusa) donata dallo Stato Maggiore di Eisenhower alla baronessa Aline Grande
Il naviglio della Regia Marina perso a causa dell'armistizio, sia per autoaffondamento sia per cattura da parte dei tedeschi fu di 294 363 tonnellate per 392 unità già operative, e di 505 343 tonnellate per 591 unità se si aggiungono le unità in costruzione, questo dislocamento rappresentava il 70% del dislocamento di tutte le navi della Regia Marina all'inizio della guerra, ed era nettamente superiore al dislocamento del naviglio perso nei precedenti 39 mesi di guerra (334 757 tonnellate).[19]
Gli aviatori italiani rimasti fedeli al governo Badoglio, continuarono a far parte della Regia Aeronautica: alcuni reparti della stessa infatti si rischieravano o erano già presenti da prima dell'armistizio, per lo più nelle basi salentine di Galatina, Leverano, Brindisi, Grottaglie, Manduria ancora non raggiunte degli anglo-americani e lasciate dai tedeschi in ritirata.
Inoltre da nominare alcuni accadimenti doipo la fine della guerra e strettamente collegati alle condizioni di accettazione dell'Armistizio.
- La produzioni delle AM-Lire, ua moneta parallela alla Lira italiana
- La smilitarizzazione, disarmo e smobilitazione dell'Esercito italiano
- La comparsa di basi americane susuolo italiano
Fonte documento pdf estrapolato da https://www.uniba.it/it/docenti/donno-michele/didattica-donno-michele/documento-condizioni-dellarmistizio-di-cassibile.pdf